martedì 24 marzo 2015

Antipolitically correct





Abbiamo sentito tanto usare il vocabolo “antipolitica” ma sappiamo realmente quale sia il suo significato? Chiariamo anzitutto che il vero significato non esiste. Su ogni dizionario della lingua italiana non compare questa voce se non per l'interpretazione nella consuetudine del suo uso che viene fatta dai mezzi di informazione. Proviamo però a fare un ragionamento etimologico. Anti è un prefisso che all'interno di parole composte esprime contrasto, opposizione a teorie (dottrine, norme, posizioni politiche, culture, stati, ecc.), lotta (prevenzione, cura, impedimento). Politica significa (anche) attività di chi partecipa attivamente alla vita pubblica. Da queste due definizioni si evince che l'antipolitica è quella attività di contrasto alla partecipazione attiva alla vita pubblica. Qualunque comportamento venga messo in atto per ostacolare, impedire, inibire, non permettere, proibire, interdire, bloccare, vietare l'impegno e l'intervento di ogni cittadino (iscritto e non) a fornire il proprio contributo alla democrazia ed al bene comune è da considerarsi (oltre che sciocco e pericoloso) anche inconciliabile con quei valori che si afferma di voler difendere. Dunque, fare opposizione non significa andare contro le più banali regole democratiche, anzi, ne è il più naturale fondamento. Opporsi sistematicamente a qualunque proposta in discussione o influenzare il voto di propri associati con la minaccia dell'espulsione appartengono sicuramente ad ipotesi di antipolitica. L'astensione dal voto, l'apologia della stessa e la sua lode sono altri esempi.

giovedì 19 marzo 2015

Love Act




Chi l'avrebbe mai pensato. Con il nuovo secolo, lavorare è diventato sinonimo di fare all'amore, essere assunti ad un matrimonio, il licenziamento (l'abolizione dell'art. 18) al divorzio, l'apprendistato al fidanzamento. Lo sostengo perché mentre il Parlamento continua a discutere e a temporeggiare sulla definizione ed approvazione del cosiddetto "divorzio breve", dalle pagine di Avvenire esordisce una proposta formulata da un lettore, tale Ivano Argentini, nella rubrica delle lettere al Direttore (Marco Tarquinio) di "matrimonio a tutele crescenti". Lasciando da parte la similitudine col Job Act, almeno per quanto riguarda la descrizione del contratto più comune, mi fa sorridere la possibilità che si possa anche solo parlare di matrimonio a tempo indeterminato con possibilità di divorzio senza giusta causa ma con indennizzo economico. E poi i Co.Co.Co., i Co.Co.Pro., quelli a termine, gli interinali, quelli "a chiamata", gli stagionali, quelli a cottimo e a ore. Ovvio, direte, sto esagerando. Come si possono unire due cose così diverse tra loro. L'amore tra due esseri umani è quanto di più puro, bello, gioioso, possa esistere. Un conto è l'economia e un altro è la vita. La vita.. già, la vita. Ripensandoci, anche il lavoro è vita. Magari, non sempre ci rende felici ma è pur sempre una base sulla quale costruire una famiglia, sia essa formata da una coppia di fatto o celebrata, da una navigata o appena formata. Dunque, è realmente così? Lavoro e sesso andranno di pari passo? C'è già chi lo ha fatto, mescolando al proprio status sociale una relazione occasionale o stabile tanto che è statisticamente provato che è proprio sul luogo di lavoro che è più probabile che due individui si incontrino per la prima volta, che inizino ad innamorarsi l'uno/a dell'altra/o, che stabiliscano le basi del loro rapporto. Tutto sommato, questa analogia non sembra essere così sballata come appare di primo acchito tranne quando si aggiunge un solo piccolo elemento: il Sindacato può essere paragonato all'autorità ecclesiastica o viceversa? Qui i dubbi diventano più grandi. Non credo che il Clero abbia delle figure lontanamente paragonabili a Landini o Camusso, né che il Sindacato possa vantarsi di avere una guida come quella di Papa Francesco. Dopotutto, occorre "dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio"...

venerdì 13 marzo 2015

C'era una volta... la Crisi


Dall'ultimo trimestre 2008 è una delle parole più usate dai mezzi d'informazione e più ricercate dalla gente comune. Ha superato persino il vocabolo "sesso" che pure è cliccatissimo su ogni motore di ricerca. Quasi un secolo fa il mondo ha vissuto una situazione analoga ma i suoi effetti nefasti si sono protratti per un lasso di tempo inferiore e ha causato l'affermarsi, inizialmente in Germania, della follia nazista. Gli economisti di tutto il mondo hanno sbagliato costantemente le previsioni a breve, medio e lungo termine anche perché l'Europa ha deciso di combattere gli effetti della mancanza di liquidità ascoltando le sirene della scuola di Chicago (sì, proprio quella che osannava l'Argentina di Menem e il Cile di Pinochet) e non seguendo le manovre keynesiane (ma sarebbe meglio dire rooseveltiane) messe in atto dagli Stati Uniti.
Pinerolo, cittadina in provincia di Torino, non è distante da quanto sta accadendo in tutto il mondo. Il mercato immobiliare è al collasso e le poche grandi aziende che erano rimaste col nuovo secolo hanno chiuso, sono state smembrate, navigano in acque torbide. Per fortuna, la Crisi non c'è più. Il peggio se lo si è lasciato alle spalle perché sta arrivando, è arrivata (o è già passata), la "ripresa".
A dibattere e confrontarsi con la cittadinanza su questi temi venerdì 20 marzo alle ore 20,30 nel Centro Sociale di Via Clemente Lequio 36 a Pinerolo ci saranno: Fabio Giordano (imprenditore), Laura Zoggia (Sindaca di Porte), Luca Barbero (Presidente del Consiglio Comunale di Pinerolo), Elvi Rossi (già Presidente ATC), Claudia Porchietto (Consigliera regionale), Gianna Gancia (già Presidente della Provincia di Cuneo). Moderatori della serata saranno gli autori del Circolo Artistico e Letterario Hogwords e della omonima Casa Editrice. Il pubblico potrà intervenire e dire la propria.

L'ingresso è gratuito.