domenica 12 aprile 2015

Hip Hip... Hipster




Da un lato ci sono gli yuppies e dall'altro gli hipsters. Da una parte c'è l'edonismo reaganiano, dall'altra quello renziano. Negli anni '80, e quelli di una certa età se lo ricordano bene, c'erano giovani professionisti urbani, molto aggressivi, affamati di denaro, di successo, di piacere e piaceri. Erano la risposta individualista, egoista, maschilista, capitalista, al tramonto del comunismo di un'Unione Sovietica che stava arrancando prima di esalare il suo ultimo respiro, travolta da inefficienze, corruzione e decadimento. Erano la punta dell'iceberg di una rivoluzione culturale e di costume che voleva opporsi alla Storia del ventennio precedente che aveva prodotto gli hippies e cancellarne le ultime retoriche velleità intellettuali del mito. Gli yuppies volevano ammonire le precedenti generazioni e lanciare un monito: “abbiamo vinto la battaglia contro l'ideologia contrapponendo un esasperato materialismo storico. La vittoria è stata totale e non sono stati fatti prigionieri”. I portavoce non ufficiali ma riconosciuti dalle masse sono stati i film di Rambo e i personaggi alla Clint Eastwood. Il massimo splendore dell'edonismo creato dalla Reaganomics si è avuto con gli squali della Lehman Brothers o furbetti come Bernard Madoff. Tutti falliti o arrestati. L'hipster e l'edonismo renziano rappresentano una mano di smalto su di una struttura agonizzante che rinuncia volutamente alle disillusioni che le ideologie si trascinano dietro e la voglia di ridisegnare il futuro dando il benservito al pesante fardello del passato. L'hipster è amorale, anarchico, gentile e civilizzato anche se fino al punto da diventare esasperatamente decadente. Cerca di evitare il dolore, controllare le proprie emozioni e di mostrarsi seducente. Cose che un rottamatore, esperto di comunicazione televisiva saprebbe essere e fare anche ad occhi chiusi. Ed è proprio con gli occhi chiusi che il nostro Paese affronta le incognite dell'indomani. Da un lato si trovano il Berlusconismo e dall'altra il Renzismo. La padella o la brace.

giovedì 2 aprile 2015

Il cerchio nel “grano”





Una favola che in questo periodo sto riascoltando molte volte, direi anche troppo, è che la corruzione è alta perché c'è eccessiva presenza dello Stato nell'economia italiana. Restringiamo il cerchio del grano per spiegarci meglio: la corruzione segue la cosa pubblica. In realtà no. Questa semplificazione è del tutto sbagliata e volutamente equivoca. La corruzione segue il denaro, l'affare (o il malaffare, per intenderci) ed è facilmente dimostrabile che se un appalto pubblico è un'occasione più che ghiotta per chi intende “vincere facile” ponendo in essere comportamenti scorretti e delittuosi è altrettanto vero che anche i rapporti tra privati sono spesso opachi e nascondono interessi personali. La mazzetta, la regalìa, non sono dei virus propri di un mercato deresponsabilizzato ed ingessato come quello che vede protagonisti settori dello Stato ma di una cultura che è diffusa nell'aria che respiriamo o nel cibo che mangiamo. Tecnicamente, la corruzione indica la condotta di un soggetto che, in cambio di danaro oppure di altre utilità e/o vantaggi che non gli sono dovuti, agisce contro i propri doveri ed obblighi. Ora, capite che chiunque può essere protagonista di un fatto di corruzione: dal dipendente che rivela segreti aziendali a quello che omette un controllo qualità o acquista beni per la propria ditta o servizi sapendo che è possibile ottenerne di migliori e a minor costo. Più grande è una azienda, più lontani sono gli occhi della proprietà e maggiori pericoli si corrono. Il vecchio detto “chi sorveglierà i sorveglianti” si adatta a qualunque livello, gerarchia o ruolo. Il cerchio (del malaffare), dunque, si stringe attorno al “grano” e non alla tipologia di proprietà. E sgombriamo la mente da possibili equivoci, la corruzione non è propria dei sistemi ricchi. Anzi, laddove c'è povertà ci sono anche minori mezzi di informazione, cultura e vigilanza. Quest'ultima, infatti, è il vero nocciolo della questione. La corruzione è inversamente proporzionale al livello di allerta della vigilanza. Più esso è alto e più il malaffare si stempera. Più è basso e più si coagula e rafforza...
Pier Giorgio Tomatis