Da
un lato ci sono gli yuppies e dall'altro gli hipsters. Da una parte
c'è l'edonismo reaganiano, dall'altra quello renziano. Negli anni
'80, e quelli di una certa età se lo ricordano bene, c'erano giovani
professionisti urbani, molto aggressivi, affamati di denaro, di
successo, di piacere e piaceri. Erano la risposta individualista,
egoista, maschilista, capitalista, al tramonto del comunismo di
un'Unione Sovietica che stava arrancando prima di esalare il suo
ultimo respiro, travolta da inefficienze, corruzione e decadimento.
Erano la punta dell'iceberg di una rivoluzione culturale e di costume
che voleva opporsi alla Storia del ventennio precedente che aveva
prodotto gli hippies e cancellarne le ultime retoriche velleità
intellettuali del mito. Gli yuppies volevano ammonire le precedenti
generazioni e lanciare un monito: “abbiamo vinto la battaglia
contro l'ideologia contrapponendo un esasperato materialismo storico.
La vittoria è stata totale e non sono stati fatti prigionieri”. I
portavoce non ufficiali ma riconosciuti dalle masse sono stati i film
di Rambo e i personaggi alla Clint Eastwood. Il massimo splendore
dell'edonismo creato dalla Reaganomics si è avuto con gli squali
della Lehman Brothers o furbetti come Bernard Madoff. Tutti falliti o
arrestati. L'hipster e l'edonismo renziano rappresentano una mano di
smalto su di una struttura agonizzante che rinuncia volutamente alle
disillusioni che le ideologie si trascinano dietro e la voglia di
ridisegnare il futuro dando il benservito al pesante fardello del
passato. L'hipster è amorale, anarchico, gentile e civilizzato anche
se fino al punto da diventare esasperatamente decadente. Cerca di
evitare il dolore, controllare le proprie emozioni e di mostrarsi
seducente. Cose che un rottamatore, esperto di comunicazione
televisiva saprebbe essere e fare anche ad occhi chiusi. Ed è
proprio con gli occhi chiusi che il nostro Paese affronta le
incognite dell'indomani. Da un lato si trovano il Berlusconismo e dall'altra il Renzismo. La padella o la brace.
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